Intervista a Gianluca Gabrielli, candidato Cobas alle elezioni del CSPI del 28 aprile per la scuola primaria


Gianluca Gabrielli insegna a Bologna nella scuola elementare Fortuzzi. Nel 2002 ha fondato insieme ad altri genitori e insegnanti il Coordinamento Nazionale in difesa del Tempo Pieno. Anima da alcuni anni le attività del Centro Studi per la Scuola Pubblica. Si occupa inoltre di storia della scuola e del razzismo. Ha pubblicato La scuola fascista (2009) insieme al compianto Davide Montino e Il razzismo (2012) insieme ad Alberto Burgio. L'ostacolo obliquo di Gabrielli G.  in Didattica resistente: ora e sempre resilienza! - Convegno Cesp Bologna
Docenti e presidi di fronte al razzismo di Stato fascista di Gabrielli G.  in Atti della giornata di aggiornamento Cesp sul razzismo
Insegnare per test. La scuola primaria e lo spirito del tempo di Gabrielli G.  in Aut Aut n.  358/2013 La scuola impossibile 
Scuola di razza. Gli anni del fascismo e quelli delle classi ponte 1/2 di G. Gabrielli  in Carmillaonline
Scuola di razza. Gli anni del fascismo e quelli delle classi ponte 2/2  di G. Gabrielli in Carmillaonline

Quali sono oggi i principali problemi della scuola primaria?

La scuola primaria è parte della scuola italiana. Per tutti i gradi scolastici il problema principale degli ultimi anni è stato il definanziamento; nella scuola elementare i tagli hanno impoverito la qualità di una scuola che era addirittura divenuta proverbiale nel discorso pubblico. La riforma Gelmini poi ha completato il lavoro cancellando i modelli a Tempo pieno e a Modulo, riducendo il tempo scuola fino a 27 ore, introducendo il cosiddetto maestro unico che in realtà spesso è un mix caotico di insegnanti prevalenti e altri tappabuchi.

Perché il tempo scuola ridotto è un elemento negativo?

Perché la scuola pubblica rimane ancora l'argine fondamentale per limitare le diseguaglianze di possibilità generate dalla società. Ridurre il tempo scuola significa ridurre l'efficacia della scuola nel suo compito di creare opportunità di emancipazione e di crescita sociale anche per chi non ha le possibilità economiche per pagarsele nel mercato. Un tempo scuola ridotto produce una società più rigida e in cui le diseguaglianze di partenza aumentano.

A chi interessa una scuola dai tempi ridotti?

Interessa chi vuole vendere quei tempi nel mercato del tempo libero o del sapere privato e guadagnarci sopra. Una madre che deve lavorare dovrà trovare una cooperativa che sostituisca la scuola tenendo suo figlio nei pomeriggi, chi ha il denaro potrà trovarsi la scuola privata che assicura un'apertura per un tempo maggiore o un insegnante che aiuti i bambini nei compiti. Sono soluzioni diverse che accentuano le diseguaglianze tra gli uni ma che nello stesso tempo creano affari per gli altri.

Quali interventi sarebbero necessari per migliorare la qualità della didattica?

Sicuramente è necessario avere un numero di alunni per classe che non superi i 21/22 e che scenda a 18 nelle classi con bambini portatori di handicap. Questo è l'unico modo non demagogico di chiedere agli insegnanti un minimo di individualizzazione della didattica.

Quali sono le proposte relative all'integrazione degli alunni migranti?

Anche qui prima di tutto sarebbe necessario avere classi meno numerose, in modo che l'arrivo durante l'anno di un bambino in più – che sia migrante o meno – non sia un dramma ma una possibilità di arricchimento. Poi come sempre occorrerebbero una serie di stanziamenti che invece negli ultimi anni sono stati tagliati (compresenze, mediatori culturali e linguistici). Infine sarebbe necessaria formazione, ma non coatta e di bassa qualità, bensì universitaria e con distacchi temporanei o parziali...

A livello didattico quali sono le cose che hanno prodotto i peggiori danni negli ultimi anni?

Prima di tutto la cultura-Invalsi, cioè quell'intervento autoritario sulla didattica che impone le prove a quiz dell'Invalsi come matrice del vero apprendimento, del successo scolastico, della valutazione della qualità del docente. Vedere colleghi che fanno acquistare alle famiglie gli eserciziari stile-invalsi e abbandonano le altre materie due mesi prima della fatidica prova mi suscita molta tristezza, ma è l'effetto prevedibile di una violenza didattica che è stata operata dall'alto e che continua a produrre danni.

Poi c'è la questione della storia e della geografia. Fin dai tempi di Berlinguer pedagogisti di destra e di sinistra hanno lavorato in accordo per ridurre il programma delle elementari in queste due materie verticalizzandolo con la scuola media. Evidentemente non conoscevano bene la scuola perché questa nuova articolazione ha prodotto solo danni. Infatti gli insegnanti delle scuole elementari ora devono insegnare per tre anni la geografia dell'Italia e la storia fino all'antica Roma; quindi dopo un po' mollano storia e geografia e insegnano altre materie, magari quelle testate dall'Invalsi. Prima invece l'insegnamento della storia poteva spaziare sulle grandi tematiche di tutti i periodi del passato, fornendone una prima lettura introduttiva. Anche in geografia è assurdo avere classi di bambine e bambini che hanno parenti in Europa, Asia, Africa e America Latina ma che devono studiare le regioni italiane fino a undici anni: mai cambiamento didattico è stato più errato e intempestivo.

Come agisce la cancellazione delle compresenze sulla microfisica dell'insegnamento?

La compresenza a mio parere dava la possibilità di fare due cose che ora divengono difficilissime: organizzare un recupero tempestivo dei bambini in difficoltà attraverso la formazione di piccoli gruppi di lavoro specifici per colmare le lacune; questo in gran parte delle scuole è divenuto impossibile e la forbice rispetto agli alunni con un background familiare debole si apre con sempre maggiore anticipo. Ma senza compresenze è diminuita moltissimo anche la possibilità di creare finestre di arricchimento organizzate come lavori di gruppo, uscite didattiche, laboratori... Tutte attività che si fanno con due docenti e che rendevano la scuola elementare più varia e interessante. Insomma: se questi piccoli riformatori volevano peggiorare la qualità della scuola elementare dovevano fare proprio questo.

La Gelmini sei anni fa ha reintrodotto i voti. Cosa ne pensi ?

Negli anni Settanta la lotta contro il voto era contro la scuola selettiva, contro il voto che bocciava. Oggi mi pare che chi lo ha reintrodotto non voglia tanto sollecitare le bocciature, quanto sollecitare l'individualismo e la competizione tra gli allievi fin dalla tenera età. Io non do voti in classe e sostengo le campagne del Cesp e dell'Mce per l'abolizione.

Come giudichi per la scuola primaria il ddl sulla “buona[?] scuola” in discussione?

La sua approvazione sarebbe una catastrofe che colpirebbe tutti i gradi di scuola per le ragione bene spiegate dal mio sindacato. L'unica cosa positiva sono le assunzioni, ma sono molte meno di quelle promesse e vengono usate per sottrarre diritti a tutti. Non mi pare però ci sia una specificità della primaria.

Come ci si può opporre?

Ho molti dubbi sulle opposizioni dei sindacati che ci hanno condotto fin qui, temo si accorderanno presto con qualche minima contropartita; mi pare interessante ciò che si sta muovendo in basso, dai coordinamenti precari al movimento che sostiene la Legge di iniziativa popolare (che però non affronta i nodi della autonomia e della parità), ad alcuni comitati studenteschi. Credo però che sia ancora lo sciopero nei giorni dei test Invalsi la forma di lotta che può produrre più problemi a questi cattivi riformatori con il minor costo per noi: i test Invalsi sono piazzati nei gangli fondamentali della nuova scuola (Rav, premialità delle scuole e dei docenti, ecc.) e bloccarli in quei giorni è possibile. Avere a disposizione uno sciopero che può fare inceppare questa macchina che produce standardizzazione è importante: è un'occasione che non dovremmo lasciarci sfuggire.